La chiesa di San Sabino sorge nei pressi di un diverticolo della via Flaminia, nel punto ove questo si divideva per andare verso Montefalco o verso le Vene del Clitunno, in un’area ove il ritrovamento di sepolture e materiali epigrafici di età romana ha consentito di attestare la presenza di un cimitero, probabilmente attivo anche in età longobarda.
Sono impiegati numerosi materiali di riuso, tra cui un’iscrizione funeraria, ciò suggerisce un reimpiego attuato da uno spoglio delle contigue aree sepolcrali ubicate lungo la Flaminia. Certamente pertinenti ad un monumento sepolcrale a tamburo sono i sei grandi conci curvilinei reimpiegati lungo la parete esterna dell’absidiola laterale destra della chiesa.
Un’iscrizione mutila segnala il titolare, o meglio i titolari del sepolcro, forse la Gens Caesia, già attestata a Spoleto da un cippo funerario in travertino.
Abbandonato in epoca tardo antica, con lo sviluppo del Cristianesimo il territorio fu ripopolato, e la costruzione di nuove chiese lungo le principali vie di comunicazione vide frequenti fenomeni di riutilizzo dalle aree cimiteriali “pagane” per la costruzione di nuovi edifici di culto. A quest’epoca risalgono numerosi racconti agiografici ai quali fanno riferimento varie fondazioni sia in città che nell’immediato suburbio e nel territorio spoletino (come la chiesa di San Brizio e la chiesa di San Giovanni di Panaria). Secondo la tradizione, la chiesa fu edificata sul sepolcro di Sabino, (o Savino), vescovo di Spoleto, martire cristiano dell’epoca di Gaio Aurelio Valerio Diocleziano.
Paolo Diacono nella sua Storia dei Longobardi tramanda una descrizione dell’edificio, già nell’VIII secolo meta di pellegrini e visitato da illustri personaggi del ducato longobardo.
Nel 688 è documentata la visita di un pellegrino proveniente dalla Spagna.
Nell’XI secolo divenne pieve e fu integralmente ricostruita e ampiamente rimaneggiata alla fine del XII secolo, periodo cui risalgono gli archi a sesto acuto delle campate.
Nella vita di Teodorico, vescovo di Metz dal 1005 al 1047, di Sirgerberto di Gemblou se ne parla come “monasterio Sancti Savini martyris apud Spoletium”.
In questo luogo avvenne l’episodio della conversione di San Francesco di Assisi.
Altri lavori di ristrutturazione furono intrapresi nei secoli XVI e XVII.
Nel 1768, in seguito ai danni provocati dal terremoto dell’anno precedente l’edificio subì ulteriori profonde trasformazioni: la ricostruzione della parte superiore della facciata, la sistemazione della zona presbiteriale, la realizzazione del soffitto ligneo, della nuova sacrestia e degli altari laterali aperti nello spessore del muro.
(Testo di Silvio Sorcini)